Enormi biglie specchianti sul pavimento della sala ovale del Gagosian, sei tele, di cui due autoritratti, una “zucca bacata” e un cubo specchiante. L’esibizione propone un percorso nell’opera dell’artista giapponese ultraottantenne Yayoi Kusama. A partire dalle sfere di Narcissus Garden che la fanno notare alla Biennale di Venezia del 1966. Vendendole in abiti tradizionali agli avventori guadagna l’attenzione del mondo e un posto nella storia dell’avanguardia che apprezza la sua eccentrica riflessione sulle dinamiche commerciali dell’arte.
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Yayoi Kusama, 33° Biennale di Venezia, 1966 |
Molto più recente Passing Winter (2005), un cubo di specchio, forato da circonferenze variabili: affacciarvisi è un’esperienza esistenziale più che voyeurista.
Al centro dell’anticamera più piccola della galleria troneggia una zucca d’alluminio pure questa con superficie riflettente, Reach up to the Universe, Dotted Pumpkin (2010) (vedi foto 3). Piena di buchi permette di guardarne l’interno rosso brillante. Sulle mura in tinta della stanza tanti specchi convessi.
Meno incisive le opere pittoriche.Sebbene si presenti in forma entropica l’opera di questa artista giapponese pone in dialettica definendoli come separati e contraddittoriamente contigui l’interno con l’esterno e il contenente con il contenuto.
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Pluto in Bone Trouble (1937) |
Ottimo blog...
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